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gli dette questo remedio e disse:
Vattene domane a Firenze e passa per Borgo Santo
Lorenzo. Vedratti Antonio dal Ponte e diratti: «Addio
Grasso, tu accattasti e non andasti al viaggio».
Rispondi arditamente come fanno i tuoi pari tristi e
di : «Destimi tu cosa alcuna?». Se dice no, rispondi con
audacia: «Che impaccio te n ha tu a dare?». E poi va
per il fatto tuo; passa per Mercato vecchio: vedratti il
Repole o qualcuno altro. Se dicono: «Addio Grasso, tu
l appiccasti al barbuto santo Antonio», rispondi forte e
con audacia e dì: «Destimi tu cosa alcuna?». Se dice:
«Tu sai bene che in dua volte io ti detti nove quattrini di
limosina», rispondi: «Eccoti soldi diciotto e vacci tu per
me». Farai così pochissime volte che tu sarai lasciato vi-
vere e parratti esser libero della vergogna, ma non della
tristizia, la quale ti manderà a casa il diavolo vestito e
calzato .
Letteratura italiana Einaudi 31
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
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Facezia XVII detta in una risposta dal Piovano Arlotto in corte
di Roma.
Trovandosi una sera a cena el Piovano Arlotto con
uno grande maestro in Roma, viene a caso lì uno giova-
ne nobile, ornato di molte virtù e costumi: saluta il Pio-
vano e gli altri con grande riverenzia.
Fu domandato il Piovano se lo conosceva; rispuose
che sì, e dove e come era istato amicissimo di suo padre,
nobile e gentile uomo, e più soggiunse il Piovano e disse:
Volete voi vedere se questo giovine è da bene e vir-
tuoso come suo padre? Che al tempo di questo pontifice
mai non poté avere cosa alcuna di degnità o d alcun be-
ne, e sonci cento gaglioffi ragazzoni non degni di scal-
zarlo che sono essaltati insino in cielo.
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Facezia XVIII detta dal Piovano Arlotto confessando uno con-
tadino.
Nel popolo del Piovano Arlotto viene un contadino
giovane, un giorno di mercoledì santo, e dice:
Piovano, io mi vorrei confessare.
E fattolo inginocchiare lo domanda de peccati, de
quali lo truova assai bene imbrattato; e in tra gli altri
confessa avere fatto più di .200. furti a più persone, e a
poveri ed a ricchi, e in tra gli altri dice:
Sono circa a mesi sei che in tre volte rubai a voi, una
notte quando pioveva ben forte, istaia undici e tre quar-
ti e mezzo di grano.
Dice il Piovano:
Cotesto fu peggio, io me lo trovai ben quella notte
meno e seppemene molto male.
Seguitò di dire più peccati e grande numero, e quan-
Letteratura italiana Einaudi 32
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
do per ispazio di mezza ora ebbe detto, si fermò e stava
quasi attonito, né diceva alcuna cosa.
Istato che fu così alquanto in estasi, disse il Piovano:
Che fai tu? non parli? che pensi? vòi dire altro?
Sospirando ancora taceva.
Un altra volta lo dimandò:
Vo tu dire più alcuna cosa?
Piangendo e singhiozzando disse:
Padre mio, il diavolo mi tiene che per vergogna non
dico uno orribile e nefando e irrimessibile peccato, né
mai me ne confessai, né mai credo Iddio me lo possa
perdonare.
Disse il Piovano:
Figliulo mio, io non voglio che tu facci più a questo
modo; che peccato può esser questo che tu non vòi dire?
Non sai tu che il nostro Signore Iesu Cristo patì in que-
sto mondo tante passioni e tormenti e poi alla fine volle
morire tanto vituperosamente in croce per noi miseri
peccatori? E tanta è la misericordia sua, che sempre istà
con le braccia aperte a ricevere i peccatori pure che si vo-
glino confessare e pentire de loro peccati e con umiltà
farne la penitenzia. Quantunque grave sia il peccato,
sempre lo perdona: se tu avessi rubato ispedali, altari, e
fussi istato assassino di mille uomini e commesso ogni
grande male e tu te ne confessi e con divozione e con
contrizione facci la penitenzia e ristituisca la fama e la ro-
ba di quello che puoi, Iddio clementissimo ti rimette il
peccato; per amore suo voglimi confessare questo e ogni
altro del qual ti ricordi; dì francamente e non dubitare.
Stimava il Piovano che fussi qualche innaudito, ne-
fando e irrimessibile peccato.
Udendo il garzone tanto predicare disse:
Piovano mio, quantunque mal volentieri lo dica,
pure ve lo confesserò. Quando io ero giovinetto d età di
.15. anni, per ozio e mala tentazione di carne, in pastura
qualche volta mi menai il mio battisteo a spasso e detti-
Letteratura italiana Einaudi 33
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
gli la biada in modo me ne presi gran diletto più e più
volte.
Cominciò a ridere il Piovano e disse:
Menati il batisteo quantunque tu vòi e piue non ru-
bare; lascia istare la roba d altri, e sopra ogni cosa rendi-
mi el mio grano.
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Facezia XVIIII detta dal Piovano Arlotto al vescovo antonino
della civetta ch era dove aveva a stare il corpo di cristo.
Quello specchio di santimonia e di dottrina, frate An-
tonino degno arcivescovo di Firenze, venendo da vicita-
re, passa dalla pieve del Piovano Arlotto, el quale lo
nvita a desinare, e disinato che ebbono, innanzi sua par-
tita, gli mostrò la chiesa la quale di nuovo faceva mura-
re.
Era istato donato una civetta al suo cherico, il quale,
come fanciullo e poco accorto, per difenderla dalle gatte
la teneva in una buca dove era disegnato di fare il luogo
del Corpo di Cristo.
Di questo caso della civetta el Piovano non sapeva al-
cuna cosa.
Andandosi a spasso veggendo la muraglia, passano
donde era questo uccello, lo quale isvolazzò; guarda l ar-
civescovo in quella buca e vede che è una civetta e con
molte buone parole riprende e amunisce il Piovano no
la debba tenere in quello luogo.
Più per fare ridere lui e li altri, el Piovano non prese
altra iscusa del non sapere lo errore del cherico e disse:
Monsignore, non vi maravigliate che quello uccello
sia quivi, perché io non ho di bisogno di quello luogo:
ché per la grazia di Dio io non adopero mai sacramenti,
per cagione i miei popolani sono tutti tagliati a pezzi,
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