[ Pobierz całość w formacie PDF ]
gridandomi:
«Avanti, Francesco!»
Mi sorprese la decisione improvvisa, ma saltai comunque senza esitare sulle
sue spalle e un istante dopo eravamo nel pieno della mischia, mentre la maggioranza
dei combat tenti, sgominati, se la squagliavano strillando:
«Ecco Meaulnes! Arriva il gran Meaulnes!»
Meaulnes cominciò a girare su se stesso, in mezzo ai superstiti, e intanto mi
diceva:
«Stendi le braccia: acchiappali come ho fatto stanotte.»
Ed io, ubriacato dalla lotta, sicuro del trionfo, afferravo al volo i ragazzi che si
dibattevano, pencolavano un attimo sulle spalle dei più grandi e rovinavano nel
fango. Un batter d occhio, e non restò in piedi che il nuovo scolaro, in groppa a
Delage; ma questi, niente affatto desideroso di attaccar la lotta con Agostino, si
raddrizzò con un gran colpo di reni e scodellò giù il cavaliere bianco.
Con una mano sulla spalla della sua cavalcatura come un capitano tiene per il
morso il suo cavallo, il ragazzo, diritto, guardò il gran Meaulnes con una punta di
stupore e con molta ammirazione:
«Finalmente !» disse.
Ma proprio allora suonò la campana, disperdendo gli allievi che avevano fatto
gruppo intorno a noi, aspettandosi una scena curiosa. E Meaulnes, indispettito di non
aver potuto scavalcare il rivale, girò le spalle dicendo di malumore:
«Sarà per un altra volta!»
Fino a mezzogiorno la lezione prosegui come alla vigilia delle vacanze, con
intermezzi piacevoli e chiacchiere che avevano per centro lo scolaro-saltimbanco.
Questi spiegava che, bloccati nel villaggio dal freddo, dato che non si poteva
neppure pensare di metter su degli spettacoli serali che non avrebbero attirato anima
viva, avevano poi deciso cosi: lui sarebbe andato a scuola per far qualcosa durante il
giorno, e il suo compagno avrebbe avuto cura degli uccelli esotici e della capra
sapiente. Poi raccontava dei loro viaggi nei paesi all intorno, gli acquazzoni che si
rovesciano sul tetto di zinco del carrozzone, e bisogna scendere quando c è una salita
per spingere le ruote. Gli scolari che stavano in fondo lasciavano il banco per
ascoltare da vicino; i più pratici approfittavano dell occasione per scaldarsi alla stufa.
Ma presto la curiosità li vinceva e anche loro si avvicinavano al gruppo dove si
parlava e tendevano l orecchio, tuttavia conservandosi il posto con una mano sul
ripiano della stufa.
«E di che vivete?» chiese il signor Seurel, che seguiva la chiacchierata con la
curiosità un poco puerile del maestro di scuola, e faceva un mucchio di domande.
Il ragazzo esitò un momento, come se non si fosse mai preoccupato di questo
particolare.
«Ma di quello che abbiamo guadagnato l altro autunno, penso,» rispose. «E
Ganache che paga i conti.»
Nessuno gli chiese chi fosse Ganache.
Ma io pensai al lungo figuro che la sera prima aveva attaccato a tradimento
Meaulnes e l aveva abbattuto...
4 - Dove si parla del dominio misterioso
Il pomeriggio riportò gli stessi piaceri, lo stesso disordine e gli stessi sotterfugi
durante tutta la lezione. Lo zingaro aveva con sé altri oggetti preziosi, conchiglie,
giocattoli, canzoni e fino uno scimmiottino che graffiava chetamente l interno della
cartella-carniere... Ogni poco il signor Seurel doveva interrompersi per esaminare ciò
che quel furbo cavava fuori dalla borsa... Suonarono le quattro, e Meaulnes era il solo
ad aver finito il suo problema.
Uscimmo senza fretta. Insomma, non c era più ormai fra le ore di lezione e di
ricreazione quel confine rigoroso che rendeva la vita scolastica semplice e ben
regolata, quasi col ritmo del giorno e della notte. Ci scordammo perfino di designare
come al solito al signor Seurel, verso le quattro meno dieci, i due che dovevano
restare in aula per il servizio di ramazza. Prima non mancavamo mai di farlo, era un
modo di annunziare e affrettare la fine della lezione.
Per caso quello era il giorno del gran Meaulnes; e fin dal mattino, parlando con
lo zingaro, lo avevo avvisato che i nuovi venuti erano sempre designati d ufficio
come aiutanti alle pulizie, il giorno del loro ingresso a scuola.
Meaulnes tornò in aula subito dopo essere andato a prendere il pane della
merenda. Lo zingaro invece si fece aspettare un bel po e arrivò per ultimo, correndo,
quando già faceva buio...
«Tu resterai con me in aula,» mi aveva detto Meaulnes, «e, mentre lo terrò
stretto, gli riprenderai la piantina che mi ha rubato.»
Così m ero seduto su una tavoluccia sotto la finestra, approfittando dell ultimo
chiarore per leggere. Li vidi tutti e due spostare i banchi senza scambiare parola il
gran Meaulnes zitto e arcigno, la blusa nera abbottonata con tre bottoni sul dorso e
stretta dalla cintura; l altro delicato,
nervoso, la testa fasciata come quella di un ferito. Aveva addosso un soprabito
malconcio, con strappi che prima non avevo notato. Spinto da uno zelo quasi feroce,
sollevava e spingeva via i banchi con furia forsennata, con l ombra di un sorriso. Si
sarebbe detto che giocasse a un gioco straordinario, di cui noi non conoscevamo la
chiave.
Arrivarono così fin nell angolo più buio dell aula, per spostare l ultimo banco.
Qui Meaulnes, in un attimo, avrebbe potuto buttare a terra l avversario senza
che nessuno fuori potesse vederlo o sentirlo dalle finestre. Non mi pareva possibile
che si la sciasse sfuggire una occasione simile.
Una volta tornati vicino alla porta, l altro se la sarebbe squagliata da un
momento all altro, con il pretesto che ormai il lavoro era finito, e addio! non
l avremmo più visto. E addio alla piantina, a tutte le informazioni che Meaulnes
aveva tanto faticato a raccogliere, riunire, integrare... Di secondo in secondo
aspettavo dal mio compagno un segno, un gesto che annunziasse l inizio della
battaglia ma Meaulnes non si muoveva. Solo ogni tanto fissava con una strana
intensità e un aria interrogativa la fasciatura dello zingaro che, nella penombra del
crepuscolo, mostrava grandi chiazze scure.
L ultimo banco fu spostato senza che succedesse nulla. Ma proprio mentre
ritornavano entrambi verso l uscita dell aula per dare un ultimo colpo di scopa alla
soglia, Meaulnes disse piano, la testa bassa, senza guardare il suo rivale:
«La sua benda è rossa di sangue e gli abiti tutti stracciati.»
L altro lo fissò un momento non tanto sorpreso da queste parole quanto
commosso a fondo nel sentirgliele dire.
«Volevano strapparmi la sua piantina, poco fa, sulla piazza,» rispose. «Quando
hanno saputo che tornavo qui per spazzare l aula, hanno capito che avrei fatto la pace
con voialtri e mi si sono rivoltati contro. Ma l ho salvato lo stesso,» aggiunse con
fierezza, tendendo a Meaulnes il prezioso foglio ripiegato.
Meaulnes si girò adagio dalla mia parte.
«Hai sentito?» disse. «Si è battuto, è rimasto ferito per noi, e intanto noi gli
tendevamo un tranello!»
Poi abbandonando il «lei» insolito fra gli allievi di Sant Agata, aggiunse:
«Sei un vero camerata», e gli tese la mano.
L altro la prese e restò zitto un momento, molto commosso, la voce strozzata in
gola... Ma subito continuò, acceso di curiosità:
«Così, mi tendevate un tranello! È buffo! Io l avevo immaginato e mi dicevo:
come saranno sorpresi quando, dopo avermi ritolto la carta, si accorgeranno che l ho
completata...»
«Completata?»
«Oh, un momento! non del tutto...»
Poi, lasciato quel tono allegro, aggiunse gravemente, avvicinandosi a noi:
«Meaulnes, è ora che te lo dica: anch io sono capitato dove sei stato tu.
Anch io ho partecipato a quella festa singolare. Così, quando i ragazzi della scuola mi
hanno parlato della tua avventura misteriosa, ho subito pensato che si trattava del
vecchio dominio perduto. Per esserne sicuro ti ho rubato la piantina... Ma anch io,
come te, ignoro il nome di quel castello; non saprei ritornarci; non conosco tutta la
strada che di qui potrebbe condurti laggiù.»
[ Pobierz całość w formacie PDF ]