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abilità e alacrità e delicatezza i contadini sanno lavorare negli scavi, meglio degli o-
perai specializzati del nord. E non è vero che i siciliani sono pigri. E non è vero che
non hanno iniziativa.
Venne il caffè e parlava ancora della Sicilia e dei siciliani. La donna lo prese a
piccoli sorsi, con una certa eleganza per essere moglie di un potatore. Sorvolando il
panorama letterario siciliano, da Verga al Gattopardo, il capitano era andato a posar-
si su quella specie di genere letterario, diceva, che erano i soprannomi, le ingiurie:
che spesso, acutamente, esprimevano in una parole un carattere. La donna non capiva
molto, e nemmeno il maresciallo: ma certe cose che la mente non intende, il cuore le
intende; e nel loro cuore di siciliani le parole del capitano musicalmente stormivano.
'È bello sentirlo parlare' pensava la donna; e il maresciallo pensava 'per parlare, sai
parlare: meglio di Terracini', che per lui era, idee a parte si capisce, il più grande par-
latore che, in tutti i comizi che per servizio gli toccava di sentire, avesse mai incon-
trato.
«Ci sono ingiurie che colgono i caratteri o i difetti fisici di un individuo» diceva
il capitano «e altre che invece colgono i caratteri morali; altre ancora che si riferisco-
no a un particolare avvenimento o episodio. E ci sono poi le ingiurie ereditate, estese
a tutta una famiglia; e si trovano anche sulle mappe del catasto... Ma procediamo con
ordine: le ingiurie che dicono dei caratteri e dei difetti fisici. Le più banali: l'orbo, lo
zoppo, lo sciancato, il mancino... Somigliava a qualcuna di queste l'ingiuria che disse
suo marito?».
«No» disse la donna scuotendo la testa.
«Le somiglianze: ad animali, ad alberi, a cose... Per esempio, il gatto: per un
uomo che ha gli occhi grigi, o qualcosa che lo fa somigliare a un gatto... Ho cono-
sciuto uno soprannominato lu chiuppu, cioè il pioppo, per la statura e per una specie
di tremito che lo muove: così mi hanno spiegato... Le cose: vediamo un po', sopran-
nomi per somiglianza a un qualche oggetto& ».
«Conosco uno soprannominato bottiglione» disse il maresciallo «e ha davvero
forma di un bottiglione».
«Se permette» disse il carabiniere Sposito, per la sue immobilità divenuto come
invisibile in quella stanza «se permette posso dirne qualcuna, di ingiurie che sono
nomi di cose: lanterna, uno che ha gli occhi scasati come lanterne; peracotta, uno che
è fradicio di non so che malattia; vircuocu, albicocca, non so perché, forse perché di
faccia inespressiva; ostia-divina, perché ha la faccia tonda e bianca come un'ostia...».
Il maresciallo tossì con significato: non ammetteva che si facesse allusione
scherzosa a persone o cose che in qualche modo avessero a che fare con la religione.
Sposito tacque.
Il capitano guardò interrogativamente la donna. Lei fece di no più volte scuo-
tendo la testa. Il maresciallo, con gli occhi che tra le palpebre parevano diventati due
acquose fessure, violentemente si protese a guardarla: e lei precipitosamente, come se
il nome le fosse venuto su con singulto improvviso, disse «Zicchinetta».
«Zecchinetta» tradusse subito Sposito «giuoco d'azzardo: si fa con carte sicilia-
ne...».
Il maresciallo gli diede un'occhiataccia: ché il momento della filologia era pas-
sato, ora avevano il nome; e che significasse giuoco di carte o santo del paradiso non
aveva importanza (e nella sua testa talmente squillavano i segnali della caccia, ecci-
tandolo, che il santo del paradiso si trovò a battere il naso sulle carte siciliane).
Il capitano, invece, si era sentito dentro, di colpo, oscuro scoraggiamento: un
senso di delusione, di impotenza. Quel nome, o ingiuria che fosse, era finalmente
venuto fuori: ma solo nel momento in cui il maresciallo era diventato, agli occhi del-
la donna, spaventosa minaccia di inquisizione, di arbitrio. Forse quel nome lei lo ri-
cordava fin dal momento che il marito lo aveva pronunciato, e non era vero che lo
avesse dimenticato. O soltanto nell'improvvisa disperata paura lo aveva ritrovato nel-
la memoria. Ma senza il maresciallo, senza quella sue minacciosa materializzazione,
un uomo grasso e bonario che di colpo diventa colata di minaccia, al risultato di quel
nome forse non si sarebbe arrivati.
«Il tempo di farmi la barba» disse il maresciallo «e saprò se questo Zicchinetta è
uno del paese: il mio barbiere conosce tutti».
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